Chi sono - La mia formazione
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La mia formazione: date, scelte, cambiamenti
Ci sono due costanti nella mia storia: le scelte, a volte meditate a volte meno, e l’incontro con il nuovo. Ci sono un sacco di “prime volte” nella mia formazione:
ho frequentato a Torino la prima scuola di specializzazione universitaria in psicologia, prima che venissero aperti i corsi di laurea a Padova e a Roma.
Ho fatto parte delle prime équipes territoriali di neuropsichiatria infantile.
Ho lavorato nel primo centro socioterapeutico aperto dopo la chiusura dei manicomi.
Ho frequentato uno dei primi corsi di psicoterapia della famiglia al Centro Milanese di Via Leopardi.
Sono stata, di conseguenza, una delle prime psicoterapeute della famiglia in Piemonte.
E ho fondato la prima scuola italiana di counselling sistemico.
Ho ricostruito la storia delle scelte e dei cambiamenti che mi hanno portata fino qui. Se ce ne saranno altre faccio sempre in tempo ad aggiungerle.
Giugno 1954: l’importanza del telefono
Ho 10 anni e la mia formazione dovrebbe finire qui. Ho finito la 5 elementare; dalle suore. In quegli anni è lì che si decide il futuro di un ragazzo: chi è destinato a studiare farà l’ esame di “ammissione alla scuola media”; poi, le medie, le superiori, l’università. Per me, è già stato deciso: niente esame di ammissione, forse tre anni di “commerciali”, forse un corso di dattilografia, per diventare la perfetta segretaria di papà, e poi di mio fratello che sarà commercialista come papà.
Quello che cambia tutto è una telefonata: è il giorno dell’esame, e la madre preside si è accorta che io, una delle allieve più brave della scuola, non sono fra le iscritte. Cosa abbia detto a mio padre in quella telefonata non l’ho mai saputo. Ma un’ora dopo, un po’ scombussolata, sono in classe con le altre; farò l’esame di ammissione, e di “commerciali” non se ne parlerà più.
Settembre 1961: cosa farò da grande?
Ho strappato altre concessioni di studio, dopo le medie: certo non il liceo, solo le magistrali. Che ho odiato. Volevo fare medicina, invece mi ritrovo a 17 anni con un diploma da maestra. Che ci faccio? Ho quasi deciso che mi cercherò un lavoro, sono brava a scrivere, ho superato la prima selezione per lavorare con un signore che fa uno strano mestiere che chiamano pubblicità, e si chiama Armando Testa. Poi scatta il mio spirito di contraddizione: smettere di studiare non è come accettare il destino che era stato deciso per me? Ebbene, no: mi iscriverò all’Università, anche se dovrò cercare di pagarmela da sola: che io studi non è previsto dal piano economico di famiglia.
Quanto alle scelte, non che ce ne siano molte, con il mio diploma: posso iscrivermi solo al Magistero; lingue, oppure pedagogia. Scelgo pedagogia, chissà cosa mi aspetta?
1961-1966: scoperte e incontri
Il Magistero di Torino è in realtà un incrocio di cultura e di personaggi sorprendente, che mi ripaga della povertà culturale dei 4 anni di Istituto Magistrale: alla cattedra di lettere c’è Ettore Bonora, critico letterario di fama. A quella di letteratura francese Mario Bonfantini, che mi farà scoprire il ‘600 francese, e Baudelaire, e Proust. Per filosofia, Carlo Mazzantini, ogni lezione una sfida per decodificare il lessico sofisticato delle sue analisi su Spinoza e su Kant .
E poi le lezioni di pedagogia : l’incontro con Francesco DeBartolomeis, la scoperta della Scuola Attiva, della pedagogia esperienziale, della metodologia didattica. Entro quasi subito nel suo gruppo di sperimentazione didattica; al secondo anno di università mi vengono già proposte le prime supplenze, in scuole medie “difficili”. E’ il modo migliore per imparare a insegnare.
Mi laureo a febbraio del 1966: quell’anno solo la più giovane laureata italiana. Ho già un lavoro quasi sicuro, supplenze annuali alle scuole medie. Il futuro sembra prendere forma. Sarò insegnante; o meglio, prof.
Settembre 1966: compare la psicologia: in Italia, e nella mia vita
Scopro quasi per caso che Angiola Massucco Costa propone il primo Corso di specializzazione postuniversitaria in Psicologia, a Torino. Insieme al corso di Cesabianchi a Milano, è la prima proposta universitaria per la formazione degli psicologi. In realtà sto quasi per sposarmi, ma il programma del corso mi affascina. Riuscirò a conciliare tutti i pezzi della mia vita, insegnamento, matrimonio, specializzazione? C’è un solo modo per saperlo: provarci.
1967-1974 Roma, Milano, Torino, e fra una cosa e l’altra due figlie
A complicare il tutto c’è il lavoro di mio marito, ingegnere Fiat destinato alle filiali. Così, ci si sposta. A Roma, per cominciare.
Provo a organizzarmi: ottengo la cattedra di filosofia al liceo Giulio Cesare di Roma, mantengo i contatti con Torino per frequentare almeno qualche lezione e per gli esami, dò lezioni private che a volte si trasformano in interventi – un po’ artigianali devo dire – di sostegno psicologico.
Ma ci sono gli imprevisti, rappresentati da due gravidanze piuttosto ravvicinate con conseguenti bimbe a cui badare. Confesso che in quegli anni i miei contatti con il mondo si sono praticamente interrotti: niente tempo per i libri, per i giornali, per il cinema, per il teatro; spesso neanche per ascoltare la radio. Roma non è una città facile da vivere, se si abita in periferia, con due bambine piccole, pochi soldi e nessun aiuto… E’ già molto se riesco a preparare gli esami e cominciare a lavorare alla tesi di specializzazione.
Le cose migliorano un po’ con il trasferimento a Milano. Cerco di sfruttare la mia capacità di scrittura; trovo un lavoro redazionale alla casa editrice Fratelli Fabbri: scriverò le prefazioni ai libri di una collana di letteratura per ragazzi. Ho scoperto che uno, Ragazzi al laccio, è ancora in distribuzione
Ottengo anche l’incarico di scrivere la rubrica “il parere della psicologa” per la rivista Donna Moderna. Sì, perché nel frattempo ho finito la specializzazione: nel 1971 sono ufficialmente psicologa, e non siamo molti in Italia: i primi corsi di laurea in psicologia, a Roma e a Padova, si aprono proprio in quell’anno, i primi laureati compariranno dopo il 1976.
1975 fra il lavoro sicuro e il fascino delle cose che iniziano
Torno a Torino: ho fatto domanda come insegnante alle medie e… ho vinto un posto di ruolo, addirittura in città. Ma si direbbe che la stabilità non mi attragga: il Comune di Torino sta formando le prime équipes di neuropsichiatria infantile sul territorio; lavoro precario, niente ferie pagate, futuro incerto; cosa scegliere, posto di ruolo nella scuola o… La decisione non è difficile: comincia l’avventura del lavoro sociale sul territorio, come si fa a non esserci?
1978 un altro inizio: il Centro Studi per la Famiglia di Milano
Ho passato un anno negli Stati Uniti e lì ho scoperto… Mara Palazzoli Selvini e il Milan Approach. Il mio disagio nei confronti dell’approccio psicodinamico ai problemi di comportamento dei bambini, la convinzione che la famiglia dovesse essere coinvolta nell’intervento e non tenuta fuori o affidata all’assistente sociale, trovavano una risposta, una teorizzazione, un metodo di intervento. Ricordo ancora la telefonata al Centro Studi per la Famiglia, appena tornata in Italia: il corso di terapia della famiglia è stato appena aperto, ci sono già molti iscritti, non è certo che ci sia ancora posto. Ma il posto c’è. E inizia una nuova avventura.
A Milano imparo, e contesto: subisco il fascino dei maestri ma vedo la necessità, per me, di trovare una mia via personale alla terapia della famiglia, più adattabile alla realtà dei servizi di territorio, meno vincolata alla regola della presenza di tutta la famiglia in seduta; magari una terapia sistemica “individuale”? Si potrebbe provare…
1980 cambiamenti e delusioni
Sono psicoterapeuta della famiglia. Comincia la battaglia per fare accettare il nuovo approccio nei servizi di territorio: niente da fare. Colleziono ordini di servizio che mi diffidano dal fare colloqui con i genitori dei bambini in terapia. Lavoro privatamente, ma sono scontenta. L’assessore alla Sanità del Piemonte mi propone un posto all’area formazione ed educazione sanitaria, finisco per accettare. Ma è chiaro che il mio posto non è neanche lì, tutto si muove con lentezza esasperante, le proposte affondano nell’indifferenza e nel disinteresse, le novità sono guardate con sospetto. Finirò per andarmene.
1982: come nasce un’idea: prove di un metodo che si chiamerà counselling
Sono incaricata della formazione delle insegnanti delle scuole per l’infanzia del Comune di Torino. Mi si chiede di formarle alla comunicazione con i genitori dei bambini con difficoltà, evitando però una formazione di tipo psicologico: le psicologhe ci sono, e sono brave. Ma le mamme e i papà vogliono parlare con le maestre, e spesso nascono problemi: casa dire, come dirlo? Bisogna inventare un metodo. Naturalmente non si può inventare nulla a partire da zero: ma io ho due punti di partenza sufficientemente solidi: la metodologia della scuola attiva, e l’approccio sistemico. Basta metterle insieme, cercare stimoli e suggerimenti nei libri, studiare, provare, studiare ancora. Il metodo funziona, la richieste di utilizzare quel metodo nella formazione delle insegnanti aumentano, e la mia esperienza si consolida.
Da qui inizia la mia storia di formatrice alla comunicazione e al counselling, che porterà nel 1989 alla fondazione dell’Istituto CHANGE, prima scuola italiana di counselling sistemico.
Ci sono altre due date significative nel mio percorso di crescita professionale:
1982 L’incontro con ArciGola, con Carlo Petrini e con il gruppo da cui nascerà Slow Food. Partecipare alla nascita di Slow Food è stata un’esperienza formativa eccezionale. Con ArciGola Slow Food ho imparato che le idee possono diventare azioni, ma servono due ingredienti fondamentali: molto impegno e molta voglia di divertirsi.
2003 La fondazione della rivista La parola e la Cura
Nata all’interno dell’Istituto Change dall’idea e dall’impegno di Giorgio Bert, la rivista ha prodotto per 12 anni un incrocio di pensieri, di scritti e di incontri con i personaggi più significativi del mondo della cultura in generale e della cultura della salute in particolare. La rivista non esce più. Peccato.